Vaccini a mRNA: una possibile nuova arma contro il carcinoma mammario triplo-negativo

Vaccini a mRNA: una possibile nuova arma contro il carcinoma mammario triplo-negativo, Vaccini a mRNA: una possibile nuova arma contro il carcinoma mammario triplo-negativo

A cura della Dott.ssa Francesca Burzacca

Il carcinoma mammario è la neoplasia più frequente in Italia e corrisponde a circa il 30% dei tumori femminili. Il 15-20% delle diagnosi è rappresentato dal sottotipo triplo-negativo e il suo sviluppo è legato a cause genetiche, ma anche a cause epigenetiche, come ad esempio la dieta, l’attività fisica e l’esposizione a fattori ambientali (agenti fisici e chimici) che possono influenzare l’espressione dei geni. Da diversi studi è emerso che le donne maggiormente colpite da questo tipo di tumore sono quelle con età inferiore ai 50 anni e che presentano mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2. Queste caratteristiche sono associate a un tipo di carcinoma più aggressivo e spesso metastatico, in quanto le cellule che lo costituiscono proliferano velocemente e generalmente non rispondono alle cure tradizionali. Per queste ragioni, l’utilizzo dei vaccini a mRNA in questo contesto può rappresentare una strategia vincente.

L’mRNA (acido ribonucleico messaggero) è, in generale, una biomolecola presente nelle cellule del nostro organismo e ha il compito di trasportare l’informazione, contenuta nel DNA (acido desossiribonucleico) nucleare, nel citoplasma della cellula dove verrà utilizzata per la costruzione delle proteine. Già negli anni ’90, gli scienziati avevano compreso il potenziale dell’mRNA per combattere il cancro: l’idea era quella di sintetizzare un RNA messaggero contenente le informazioni necessarie per realizzare un vaccino da somministrare al malato oncologico. Il vaccino così realizzato è definito “terapeutico” e rientra nel campo dell’immunoterapia, perché ha lo scopo di potenziare il sistema immunitario così che possa rispondere più efficacemente alla patologia in corso. Dal momento che le cellule tumorali sono in grado di sfuggire al sistema immunitario per non essere eliminate, la vaccinazione ha come obiettivo quello di educare l’organismo a riconoscerle; la conseguente risposta immunitaria scatenata dal vaccino va così a eliminare le cellule cancerogene ed eventualmente a prevenirne il ritorno limitando il rischio delle recidive. I dati raccolti fino ad oggi mostrano che questo tipo di immunoterapia induce una risposta immunitaria specifica, non solo attraverso la produzione di anticorpi (immunità umorale), ma attivando anche diverse cellule immunitarie (immunità cellulo-mediata).

I vaccini a mRNA sono dunque nati proprio dalla ricerca in campo oncologico e vengono oggi utilizzati nel trattamento di alcuni tumori solidi, come il melanoma, il carcinoma alla prostata e, recentemente, anche contro una forma di tumore polmonare. Diversi studi hanno solidamente dimostrato che questi vaccini sono ben tollerati visto che sono associati a un basso rischio di sviluppare effetti collaterali e sono sicuri, perché la molecola dell’mRNA non può integrarsi nel genoma della cellula ospite, per cui si evitano alterazioni del DNA e il rischio di mutazioni. Nonostante i risultati incoraggianti, questi vaccini sono al momento ancora allo stadio sperimentale oltre che molto costosi, ma vengono resi disponibili per il trattamento di casi speciali. I vaccini contro il cancro sono in effetti personalizzati, perché le caratteristiche di un tumore possono essere diverse da paziente a paziente e quindi richiedere un trattamento più mirato.

Ad oggi, una delle sfide più impegnative è proprio la realizzazione di un farmaco “universale” in grado di curare più pazienti possibili; per far questo, occorre identificare una o più caratteristiche del tumore condivise da molti malati, in modo tale da produrre un vaccino che attacchi queste caratteristiche comuni. Ad esempio, nelle persone colpite da carcinoma triplo-negativo (ma anche da altri tumori) è stata riscontrata la sovraespressione del gene che porta alla produzione di una proteina chiamata MUC1: alti livelli di questa proteina sono associati allo sviluppo tumorale. MUC1 è dunque un’ottima candidata per la produzione di un vaccino universale contro questo tumore, infatti, la somministrazione di un vaccino contenente l’mRNA di MUC1 andrebbe ad attivare il sistema immunitario contro questa proteina. Un’altra proteina che può essere utilizzata nel vaccino a mRNA è LCOR che normalmente è presente in quantità limitata nelle cellule staminali tumorali, ma un aumento della proteina circolante nell’organismo rende le cellule tumorali riconoscibili e quindi attaccabili dal sistema immunitario. Nonostante i numerosi vantaggi del vaccino a mRNA, risulta ancora difficile somministrarlo in vivo: uno dei limiti di questa tecnologia è legato al trasporto dell’RNA messaggero stesso verso le cellule dendritiche (globuli bianchi capaci di presentare l’antigene e quindi di stimolare la risposta immunitaria). L’mRNA, per entrare nelle cellule bersaglio, deve infatti raggiungere e attraversare una barriera fatta di lipidi e proteine che delimita la cellula stessa e ne regola gli scambi con lo spazio extracellulare.

Negli anni sono state percorse diverse strade per ottimizzare il trasporto dell’mRNA all’interno delle cellule e notevoli progressi sono stati fatti in questa direzione grazie all’utilizzo di nanoparticelle che funzionano da veicolo dell’mRNA. Un esempio dell’efficacia di questa strategia è rappresentato dalle nanoparticelle utilizzate nei vaccini a mRNA contro il coronavirus SARS-CoV-2, come pure nel trattamento del melanoma e di altri tipi di cancro. La molecola dell’mRNA viene infatti incapsulata da queste strutture lipidiche che, oltre a garantirne il trasporto, la proteggono dalla degradazione enzimatica. Alcuni ricercatori, lavorando su modelli sperimentali, hanno realizzato per la prima volta un vaccino contro il carcinoma triplo-negativo incapsulando l’mRNA dell’antigene MUC1 all’interno delle nanoparticelle. Inoltre, hanno aggiunto il mannosio sulla loro superficie, modifica che ne consente il riconoscimento e l’internalizzazione da parte delle cellule dendritiche, essendo queste provviste dei recettori per questo zucchero. I dati raccolti in questa sperimentazione sono estremamente incoraggianti, tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per ottenere una struttura lipidica capace di trasportare l’mRNA in maniera ancora più efficace.

In certi tumori, l’impiego esclusivo del vaccino può indurre una risposta immunitaria non sufficientemente potente da contrastarli, per cui si è pensato di somministrare contemporaneamente al vaccino altri farmaci. Un’altra importante sfida è proprio quella di capire quali farmaci possano essere utilizzati in combinazione per rendere più efficace l’inibizione del tumore. In tal senso, l’utilizzo di un anticorpo contro la proteina CTLA-4, prodotta dalle cellule linfocitarie T e definita inibitore del “check point” immunitario, sembra essere una terapia promettente in quanto questa molecola agisce in qualità di “freno” dell’attività delle stesse cellule T. Infatti, i linfociti T possiedono proteine con la funzione di “acceleratori” o di “freni” che fanno parte di un meccanismo di autoregolazione. Questo meccanismo è spesso hackerato dalle cellule cancerogene per “nascondersi” dai linfociti, queste sono infatti capaci di desensibilizzare le cellule immunitarie attivando il freno. Attraverso l’anticorpo contro la proteina CTLA-4 è possibile disinnescare il freno e restituire ai linfociti la capacità di contrastare il tumore. Anche questa idea fu proposta negli anni ’90, ma è stata messa in atto solo nel 2011, consentendo poi ai due scienziati ideatori della terapia di ricevere il premio Nobel per la Fisiologia o Medicina nel 2018.

Nonostante il cammino sia ancora lungo e insidioso, è ormai chiaro come i vaccini a mRNA, soprattutto se combinati con altri approcci, siano degli ottimi alleati nella terapia antitumorale. Attualmente siamo ancora lontani dall’avere vaccini terapeutici universali contro i tumori, ma le recenti sperimentazioni stanno collezionando risultati promettenti. Questi dati incoraggianti fanno ben sperare per l’utilizzo di questi vaccini nel prossimo futuro, come quello contro il carcinoma mammario triplo-negativo che è risultato essere la forma di tumore al seno clinicamente più difficile da trattare.

Fonti

https://www.airc.it/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29258739/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35711457/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35969778/

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https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37100972/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38310192/

https://www.fondazioneveronesi.it/

https://www.ilpost.it/2023/01/13/vaccini-cancro-come-funzionano/

https://www.nature.com/articles/s41578-021-00358-0

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/gene/4582

https://www.osservatorioterapieavanzate.it/

https://www.raiplay.it/programmi/noos-lavventuradellaconoscenza

https://www.youtube.com/watch?v=kBaSQ3zOAFo

Ringraziamenti

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