Papillomavirus e cancro: due facce della stessa medaglia

Papillomavirus e cancro, Papillomavirus e cancro: due facce della stessa medaglia

Può un virus scatenare una serie di meccanismi molecolare in grado di causare una proliferazione  incontrollata delle cellule e una loro immortalizzazione, e quindi un cancro? La risposta, purtroppo è SI! Il Papillomavirus, oltre a causare infezioni benigne cutanee e della mucosa è in grado anche  di causare il cancro della cervice uterina.

I dati raccolti nel 2015 dal “Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità” affermano  che circa l’80% delle donne italiane in età fertile può risultare positiva al test HPV e oltre il 50% può risultare positiva ad un genotipo HPV ad alto rischio oncogeno capace di generare il cancro cervicale. Ma osserviamo nel dettaglio questo virus, cercando di capire come e quando diagnosticarlo e come prevenire una sua infezione.

PAPILLOMA-VIRUS: COS’E’, ASPETTI CLINICI E COME DIAGNOSTICARLO

Il Papillomavirus è un virus appartenente alla famiglia dei Papillomaviridae ed è caratterizzato da un DNA circolare a doppia elica, un capside icosaedrico sprovvisto di involucro e possiede  uno specifico tropismo per gli epiteli cutaneo e mucoso. La sua replicazione, infatti, è ristretta a questo tipo di cellule ed è condizionata dallo stadio di differenziamento cellulare.

Fino ad ora sono stati identificati circa 200 differenti tipi di papillomavirus umani (HPV): alcuni di questi causano  esclusivamente  lesioni benigne e per questo vengono chiamati “genotipi a basso rischio oncogeno”, mentre altri causano il carcinoma invasivo e per questo vengono chiamati “genotipi ad alto rischio oncogeno”.

Il meccanismo di infezione dipende proprio dal genotipo, infatti i genotipi ad alto rischio oncogeno, sono capaci di integrare il loro DNA all’interno del DNA dell’organismo ospite, senza produzione di una progenie virale completa. Tale integrazione determina il blocco del ciclo cellulare del virus e scatena una serie di meccanismi molecolari a cascata che causano la trasformazione maligna e l’immortalizzazione delle cellule dell’ospite stesso.

Tra i vari genotipi ad alto rischio oncogeno, i più virulenti sono i genotipi HPV16 e HPV18 e attraverso elevate tecniche di sequenziamento è stato possibile osservare loro genoma con le rispettive varianti in grado di causare il carcinoma cervicale. Nel dettaglio, nel genoma di HPV16 sono stati riscontrati numerosi SNP capaci di causare una sostituzione amminoacidica nella proteina tradotta. In particolare T350G è un SNP localizzato nella proteina E6 in grado di causare una sostituzione amminoacidica al residuo 83 ottenendo la sostituzione dalla leucina alla valina. Uno studio pubblicato nel 2015 condotto su popolazioni del Nord-Africa, Asia, America e Europa, ha dimostrato che questo specifico SNP in E6 di HPV16 è strettamente associato ad un aumento del rischio di cancro cervicale.

Anche nel genoma di HPV18 sono stati riscontrati numerosi SNP in grado di causare sostituzioni amminoacidiche nelle proteine E1, E2 ed E5. Uno studio pubblicato nel 2018 condotto sulla popolazione olandese, asiatica, africana ed europea ha dimostrato che i vari tipi di SNP riscontrati nel genoma di HPV18 sono coinvolti nella progressione della neoplasia intraepiteliale cervicale (CIN) e nel carcinoma cervicale. Tuttavia, esiste ancora qualche dubbio sulla specifica sostituzione amminoacidica.

Invece,  nei genotipi a basso rischio oncogeno l’integrazione del genoma non avviene, per cui il virus rimane nell’ospite in forma episomale, ovvero in forma latente permettendo la formazione di una progenie virale completa in grado di instaurare infezioni di basso grado che non sono in grado di attivare i tipici meccanismi di oncogenesi.

Da punto di vista clinico, le lesioni di basso grado (e quindi benigne) si dividono in:

  • Lesioni benigne cutanee, come le verruche piane, piatte e plantari. La trasmissione avviene frequentando ambienti con condizioni igienico-sanitarie molto basse e/o già contaminati. Quando queste lesioni sono di dimensioni ridotte la terapia maggiormente utilizzata è la crioterapia, utilizzo di creme ad uso topico o di sostanze chimiche come acido salicilico, acido tricloroacetico, acido nitrico ed azoto liquido. Se invece le dimensioni sono grandi si valuta direttamente l’asportazione della verruca.
  • Lesioni benigne della mucosa, come i condilomi acuminati e piatti. In questo caso la trasmissione è prettamente sessuale e insorgono a livello dei genitali femminili e maschili, dell’uretra, dell’area perianale e dell’ano.

Le lesioni di alto grado (e quindi maligne) sono rappresentate dalle lesioni maligne della mucosa, caratterizzate da lesioni squamose intraepiteliali in grado di evolversi in carcinoma invasivo.  Esse possono suddividersi in:

  • CIN1 o displasia lieve in cui si riscontrano sia tipi di HPV a basso che ad alto rischio oncogeno,
  • CIN2 o displasia moderata,
  • CIN3 o displasia grave

Per diagnosticare una lesione pre-cancerosa si segue uno specifico iter diagnostico che inizia con il Pap-Test, importantissimo test di screening dal quale si ottiene uno striscio citologico. Attraverso il vetrino è possibile osservare eventuali modificazioni cellulari dette “atipie coliocitiche”, come un alone perinucleare, un aumento della densità del citoplasma, cambiamenti nella forma e nella dimensione sia del citoplasma che del nucleo, con ipercromasia di quest’ultimo. Una volta effettuato il Pap-test, le eventuali anomalie cellulari vengono classificate attraverso la classificazione Bethesda 2001, la quale divide queste anomalie in sei categorie:

1) Negativo: Non sono presenti alterazioni citologiche

2) ASC-US (Atypical Squamous cells of Undetermined Significance): Cellule squamose con atipie di significato indeterminato. Questo significa che si osservano degli ingrandimenti nucleari e anomalie cito- istologiche di incerto significato insufficienti per formulare una diagnosi certa di lesione.

3) ASC-H (Atypical Squamous cells cannot exclude H-SIL): Atipie di significato indeterminato, possibile displasia di alto grado

4) L – SIL (Low-grade Squamous Intraepithelial lesions): Displasia di basso grado

5) H – SIL ( High – grade Squamous Intraepithelial lesions): Displasia di alto grado

6) Carcinoma: Carcinoma a cellule squamose invasivo o carcinoma ghiandolare invasivo

Nonostante il Pap-Test rappresenti un importante test di screening primario, per molto tempo è stato soggetto a critiche tanto da essere considerato un test poco accurato a causa di un elevato numero di farli positivi. Per questo motivo, il Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018 ha stabilito che entro il 2018 tutti i programmi di screening italiani passino dal Pap test al test HPV come test primario per le donne dai 30-35 anni. Qui il Pap test non scompare ma diventa un esame di completamento, detto “Pap test di triage”. Si osserverà, quindi, ad un integrazione tra un test citologico e un test virologico.

In seguito ad una positività al Pap-Test, si prosegue con la colposcopia per osservare l’eventuale lesione nel dettaglio. Infine, per capire il genotipo specifico presente nella mucosa si effettua il Test HPV-DNA, dove il genoma dell’HPV viene analizzato attraverso l’estrazione, l’amplificazione e genotipizzazione del DNA stesso.

CHE TERAPIA FARE UNA VOLTA DIAGNOSTICATO IL CANCRO ALLA CERVICE UTERINA?

La terapia del cancro della cervice comprende: la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia. Nel dettaglio, la chirurgia è finalizzata alla rimozione del tessuto malato dalla cervice per eliminare il tumore ma lasciare utero e ovaie.  In alcuni casi, però, è necessario praticare l’isterectomia, dove viene asportato l’utero inclusa la cervice; talvolta vengono anche rimosse le ovaie e le tube di Falloppio. L’isterectomia può essere semplice o radicale in relazione all’asportazione del tessuto fibro-adiposo che unisce l’utero alla pelvi, alla vescica ed al retto. In base allo stadio della malattia, può essere consigliato di rimuovere i linfonodi pelvici e/o lomboaortici per verificarne l’eventuale coinvolgimento neoplastico.

Attualmente viene utilizzato un approccio chirurgico altamente innovativo: la Chirurgia Robotica.

Le pazienti sottoposte a questo approccio godono di particolari benefici, come :

• Minore dolore post-operatorio;

• Minore perdita ematica intraoperatoria;

• Minore degenza in ospedale;

• Minore rischio di infezione post-operatoria;

• Più rapida guarigione e convalescenza;

• Piccole cicatrici chirurgiche con migliori risultati estetici.

Nel caso in cui il tumore invade altri organi, si effettua la chemioterapia, e talvolta viene consigliata in combinazione con la radioterapia.

La radioterapia viene integrata alla chemioterapia per completare la terapia. Essa è accuratamente programmata per il singolo paziente, valutando il tipo e la natura della neoplasia, la dimensione, la sede, le condizioni generali e la finalità del trattamento stesso. È quindi un trattamento altamente personalizzato.

QUAL’ È LA POPOLAZIONE A RISCHIO E QUANDO RICORRERE ALLO SCREENING?

Le infezioni da Papillomavirus sono frequenti nelle donne dai 25 anni ai 64 anni, ovvero nella popolazione femminile sessualmente attiva. Le possibilità di infezione dipendono molto dallo stile di vita e dalle abitudini della paziente e dalla scelta del partner. Questo tipo di infezioni raramente sono sintomatiche, soltanto una piccola percentuale di donne affette accusa leggeri dolori nel basso ventre, sanguinamenti dopo i rapporti sessuali e eccessiva secrezione vaginale. Per questo motivo è necessario sottoporsi ai test di screening primario periodicamente in modo da prevenire e monitorare eventuali lesioni, sia benigne che maligne.

È POSSIBILE PREVENIRE LE INFEZIONI DA PAPILLOMAVIRUS, E QUINDI IL CANCRO CERVICALE?

La risposta è assolutamente SI! Il Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018 ha integrato il vaccino anti-HPV all’interno di un programma di prevenzione. Grazie a tre ben tre tipi di vaccini attualmente presenti (bivalente, quadrivalente e nona valente) è possibile offrire una protezione diretta a tutta la popolazione, sia verso i genotipi ad alto rischio oncogeno, capaci di causare il carcinoma cervicale, sia verso i genotipi a basso rischio oncogeno, capaci di causare infezioni cutanee e della mucosa di basso grado.

Una diagnosi precoce e una giusta prevenzione possono aiutare ad impedire l’evoluzione di lesioni pre-cancerose da HPV, permettendo alle pazienti di essere monitorate nel tempo evitando la progressione della lesione in carcinoma.

Dott.ssa Serena Morra

BIBLIOGRAFIA

  • De Villiers et al, 2004
  • De Villiers EM, Fauquet C, Broker TR, et al. Classification of papillomavirus. Virology 2004
  • Lorincz AT et al, 1986, Forslund O et al, 2003
  • Lowy DR et al, 2001
  • Solomon et al, 2002
  • Giorgi Rossi  et. Epidemiologia del Papillomavirus umano (HPV), incidenza del cancro della cervice uterina e diffusione dello screening: differenze fra macroaree in Italia. Epidemiol Prev 2012
  • I. Kukimoto et al. 20015
  • P. Van der Weele et al, 2018

SITOGRAFIA

http://www.airc.it

Portale del ministero della salute.

www.salute.gov.it

www.pubmed.it

Istituto Europeo di Oncologia.

https://www.ieo.it/

Portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica a cura del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità.

http://www.epicentro.iss.it

2 commenti:

  1. Anche io sono affetta da papilloma virus e ho sconfitto il genotipo 18 e 16.però devo fare i conti con il genotipo 44 e una lesione….
    Devo sottopormi a colposcopia e biopsia

  2. Giovanni Sambiase

    ARTICOLO MOLTO INTERESSANTE

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