Possiamo parlare di nutrizione del disturbo bipolare? Scopriamolo insieme partendo dalle basi della patologia con la Dott.ssa Durante Gabriella V.
Disturbo bipolare, cos’è?
Il disturbo bipolare è una patologia di tipo psichiatrico piuttosto complessa. Caratteristica peculiare dei disturbi bipolari è l’alternanza di stati d’umore opposti nel corso del tempo: depressione e mania si alternano, infatti, nel corso della vita dell’individuo.
Il disturbo tende a peggiorare in particolari periodi dell’anno. In genere, l’episodio depressivo maggiore insorge più facilmente in autunno (a causa della diminuzione della quantità di luce ambientale) mentre le fasi maniacali possono essere scatenate dal cambio di stagione primaverile o dall’arrivo dell’estate.
Di cosa si compone la nutrizione del disturbo bipolare?
Perchè il cervello funzioni e mantenga la propria morfologia (struttura) è necessario fornire:
- energia
- nutrienti (lipidi, vitamine, macro – e microelementi, cofattori di reazioni antiossidanti, sintesi di agenti neurotrofici catalizzatori e molti altri).
Quindi la dieta e le abitudini alimentari possono influenzare indirettamente l’origine e la progressione molti disturbi mentali.
In pazienti affetti da depressione, l’associazione di un percorso dietetico a quelli di farmacoterapia e psicoterapia porta risultati significativamente migliori rispetto a percorsi privi di supporto dietetico.
Come si relaziona al cibo il paziente affetto da disturbo bipolare?
Chi è affetto da disturbo bipolare ha una tendenza ad un maggiore consumo di carboidrati, bevande zuccherine, torte e dolci. le donne, inoltre, tendono a mantenere un elevato apporto calorico giornaliero e la preferiscono una dieta ad alto indice glicemico di stampo “occidentale” ricca in cibi quali: carni processate, pizza, hamburger, pane bianco, zucchero, alcolici.
È interessante notare che, in alcuni pazienti, si verifica un comportamento totalmente contrario che si manifesta in una maggiore assunzione di cibi salutari (frutta e insalate, oltre a pesce, tofu, fagioli, noci, yogurt). Queste scelte riflettono il tentativo pazienti di migliorare i sintomi della patologia attraverso una dieta sana.
Sembra esserci. inoltre, uno stretto rapporto tra disturbo bipolare e disturbi del comportamento alimentare.
In particolare:
- il Binge-Eating Disorder è il tipo di disturbo più frequente nella popolazione bipolare;
- il secondo disturbo alimentare maggiormente presente è la bulimia nervosa;
- per ultima l’anoressia nervosa.
Disturbo bipolare e dieta in stile Mediterraneo
La maggior parte degli studi fin ora pubblicati si concentra sul ruolo della nutrizione in relazione allo sviluppo e al trattamento della depressione. I risultati hanno indicato una relazione tra dieta e rischio di sviluppare depressione. La dieta in stile mediterraneo, ricca in pesce e vegetali, ha effetti protettivi contro la depressione, mentre una dieta ricca in carboidrati e cibi processati ne aumenta il rischio. La nutrizione del disturbo bipolare, quindi, dovrebbe focalizzarsi sugli alimenti tipici della dieta mediterranea.
Quali nutrienti sono di maggiore importanza?
Tenendo conto dei singoli componenti della dieta e dei loro effetti sulla depressione, la nutrizione del disturbo bipolare dovrebbe focalizzarsi su:
- acidi grassi omega-3,
- zinco,
- N-acetilcisteina,
- vitamine del gruppo B (compresi folati),
- vitamina D.
La ricerca ha, comunque, bisogno di ulteriori studi di dimensioni maggiori per approfondire questo aspetto e definire in modo più preciso tutti i nutrienti che dovrebbero comporre la nutrizione del disturbo bipolare.
Quali sono i meccanismi attraverso cui la dieta si correla al trattamento o alla prevenzione del disturbo bipolare?
La dieta (la sua composizione e qualità) può causare o prevenire disturbi biologici associati all’insorgenza, allo sviluppo e al trattamento del disturbo bipolare.
I meccanismi con cui la dieta si correla all’insorgenza del disturbo bipolare passano attraverso:
- trasmissione monoaminergica
- processi infiammatori
- stress ossidativo
- attività mitocondriale
- neuroplasticità e neurogenesi
- La teoria monoaminoergica sostiene che la depressione sarebbe causata da un deficit di serotonina, noradrenalina e dopamina, neurotrasmettitori che modulano funzioni importanti come l’attenzione, gli stati emotivi e le funzioni viscerali . Studi sugli animali hanno dimostrato che le diete ricche di grassi possono influenzare direttamente la trasmissione monoaminoergica. Negli esseri umani, diete ad alto contenuto di grassi con snack a base di carboidrati riducono la trasmissione serotoninergica nell’ipotalamo.
- Negli ultimi anni, è cresciuta l’attenzione da parte dei ricercatori riguardo i processi infiammatori nella patogenesi del disturbo bipolare. Le diete dominate dai modelli dietetici occidentali, ricche in cibi raffinati e processati, sono considerate diete “pro-infiammatorie” e sono associate ad una maggiore concentrazione di marcatori infiammatori come l’interleuchina-6 e la proteina C-reattiva . La dieta mediterranea, invece, attraverso una maggiore assunzione di frutta e verdura induce una diminuzione dell’infiammazione.
- Anche lo stress ossidativo e la disfunzione mitocondriale sono associati alla patogenesi del disturbo bipolare. Il cervello è un organo la cui funzione e struttura dipendono in gran parte dall’energia fornita e il danno ai mitocondri (responsabili della produzione di energia del neurone) può portare ad un aumento dello stress ossidativo, danneggiando ulteriormente i mitocondri. Studi dimostrano che le diete possono influenzare significativamente la funzione mitocondriale riducendo lo stress ossidativo e proteggendo il DNA mitocondriale dal danno ossidativo. La dieta mediterranea, grazie alla sua composizione in termini di selezione di alimenti, è associata a livelli ridotti di marcatori dello stress ossidativo nel siero e nell’urina. Gli studi sugli animali indicano che anche una dieta chetogenica può proteggere i mitocondri dall’esposizione allo stress ossidativo.
- Riguardo la neuroplasticità e la neurogenesi, sembra avere un ruolo la composizione della dieta in termini di contenuto di carboidrati e grassi, la frequenza del consumo di cibo ed il loro potere calorico influenzano la neurogenesi nell’ippocampo.
Dieta chetogenica e disturbo bipolare
È stato preliminarmente dimostrato che una dieta chetogenica modula beneficamente l’umore. L’effetto positivo riportato della dieta chetogenica sulla stabilizzazione dell’umore nel disturbo bipolare può essere correlato ad un aumento dell’attività dopaminergica nel sistema mesolimbico. Dati derivanti da studi su animali e risultati preliminari da modelli umani suggeriscono che la dieta chetogenica possa avere effetti terapeutici sui sintomi psichiatrici oltre che metabolici. Tuttavia, l’efficacia della dieta chetogenica, nei pazienti con disturbo bipolare, non è stata dimostrata. Sono necessarie ulteriori ricerche cliniche.
Nutraceutica del disturbo bipolare
- Omega 3 (eicosapentaenoico, docosaesaenoico) gli acidi grassi polinsaturi sono essenziali per lo sviluppo e la funzione del cervello, compresa la maturazione neuronale, la migrazione e la sinaptogenesi, la plasticità, la neurogenesi e la neurotrasmissione. Nel trattamento della depressione, dosi di 1-2 g di acido eicosapentaenoico al giorno sono state utilizzate per ridurre i sintomi di depressione, inclusa quella bipolare.
- Il glutatione è uno degli antiossidanti più importanti del corpo , che aiuta a neutralizzare i radicali liberi che possono danneggiare le cellule e i tessuti del corpo. La supplementazione orale di glutatione non è efficace (viene per lo più idrolizzato e penetra difficilmente nella barriera ematoencefalica), ma è stato riscontrato che potrebbe essere utile la somministrazione di N-acetilcisteina (NAC). La NAC fornisce l-cisteina essenziale per la sintesi del glutatione ma ha contemporaneamente attività antiossidante. Negli studi clinici, ai pazienti con disturbo bipolare sono stati somministrati 500 o 1000 mg di NAC due volte al giorno per il trattamento standard degli episodi depressivi acuti e durante il periodo di terapia di mantenimento, con una segnalata riduzione dei sintomi depressivi e miglioramento del funzionamento e della qualità della vita. Sebbene la NAC sia ben tollerata i dati sulla tolleranza su tempi lunghi di somministrazione sono limitati.
- Bassi livelli di vitamina D sono stati associati allo stato di depressione. L’integrazione di vitamina D riduce i sintomi depressivi nei pazienti con depressione più grave. Questo non è stato riportato in individui con sintomi di lieve depressione. Ad ogni modo, il ruolo della vitamina D non è totalmente chiaro e necessita di studi futuro.
- Molti studi hanno riportato che soggetti con depressione hanno concentrazioni plasmatiche di folati più basse rispetto ad individui sani e pazienti con altri disturbi mentali. Minori livelli di folati sono stati associati ad una risposta peggiore alla terapia farmacologica antidepressiva. Va ricordato che l’efficacia o l’inefficacia dell’acido folico può essere attribuito alla forma chimica di questa vitamina, poiché l’acido folico, a differenza folato naturale, deve essere convertito in forma metabolicamente attiva per attraversare la barriera ematoencefalica e circa il 30% della popolazione ha un deficit geneticamente determinato dell’enzima necessario per questa trasformazione. Si consiglia di considerare il somministrazione di acido folico in forma attiva.
Dottoressa Gabriella Vittoria Durante
Bibliografia
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