L’interesse riguardo l’effetto del cibo sull’umore ha sicuramente radici antiche, ma la ricerca di evidenze scientifiche sulla relazione esistente tra cibo e umore è molto recente. Numerose pubblicazioni dimostrano gli effetti positivi esercitati da molti nutrienti nel trattamento di diversi disordini mentali, avvalorando l’ipotesi che l’alimentazione può esercitare effetti anche sull’umore e sul comportamento[i].
Il disturbo affettivo stagionale (SAD), caratterizzato dalla depressione stagionale nei mesi invernali, è causato da una ridotta luminosità del giorno e conseguente riduzione dell’umore in questi soggetti. È noto infatti, che le concentrazioni di serotonina, l’ormone della felicità, sono maggiori nelle ore più luminose del giorno. Sintomi tipici di questo disturbo sono: irritabilità, affaticabilità, ansia, ritiro sociale, diminuzione o aumento dell’appetito. Gli individui colpiti manifestano un maggiore bisogno di carboidrati, aumento di peso e aumento di appetito nei mesi invernali tipici della patologia. Uno dei sintomi che sembra distinguere un soggetto affetto da SAD da un soggetto sano è proprio il bisogno in carboidrati.
La scelta di un alimento non è casuale, ma è determinata da una conseguenza positiva nell’umore del soggetto. Quel che sorprende è che l’effetto positivo esercitato sull’umore da determinati nutrienti non è solo una sensazione, ma è corredato da una solida base scientifica che si riconduce ad un effetto ormonale ben preciso. La ricerca per il dolce, e quindi di carboidrati semplici (torte, creme, cioccolato), è molto più frequente nei soggetti tendenti alla depressione o già depressi. Un pasto ricco in carboidrati, infatti, migliora il trasporto di triptofano (precursore della serotonina) verso il cervello, inducendo una maggiore sintesi di serotonina: è come se il soggetto si auto medicasse. Il primo effetto sul comportamento umano causato dalle basse dosi di triptofano, infatti, è una depressione dell’umore. La frazione libera di triptofano presente negli alimenti, è l’unica che può attraversare la barriera emato-encefalica, incrementando così i livelli di serotonina[ii]. La quinoa è uno pseudo cereale ricco in proteine e con ottime concentrazioni di triptofano libero (2.95mg/100g di farina). Altri alimenti ricchi in triptofano sono i derivati del latte, le mandorle, i legumi e il pollo.
Ma ancora più sorprendente è il risultato che si ottiene con una dieta arricchita di omega-3, in particolare di DHA (acido docosaesaenoico), applicata sia su soggetti sani che depressi. Questa straordinaria molecola, infatti, essendo un costituente fondamentale delle membrane neuronali, esplica potenti effetti positivi sulle funzioni cerebrali. Tali effetti sono da attribuire alla capacità non solo di migliorare la funzionalità del sistema serotoninergico, ma anche alla capacità di incrementare i livelli delle neurotrofine, tra cui il BDNF, responsabile della sopravvivenza, della crescita e della creazione di nuove sinapsi del cervello. L’anatomia patologica della depressione vede infatti come protagonisti, oltre alla scarsa presenza di serotonina, anche una certa riduzione del numero di neuroni, delle sinapsi e delle arborizzazioni dendritiche: tutti causati da uno scarso livello di neurotrofine. Per tali motivi la ricerca scientifica sta avanzando in tal senso ed è già chiara l’importanza degli omega-3 nella dieta: migliorare l’alimentazione con l’adeguato apporto di omega3 può essere un valido aiuto per coadiuvare la terapia somatica e psichica dei soggetti depressi[iii]. Si consiglia dunque, oltre ad uno stile di vita sano dove l’attività fisica deve abbondare, una dieta che possa sopperire al fabbisogno di DHA attraverso un maggiore consumo di pesce, fonte naturale di acidi grassi essenziali.
In conclusione possiamo affermare che l’effetto positivo degli zuccheri sull’umore ha una durata molto limitata, pare infatti che già nelle due ore successive all’ingestione ci sia un peggioramento dell’umore. Il consumo abituale di pesce, invece, favorisce la ricostituzione dei neuroni, producendo un effetto a lungo termine e quindi più “curativo”.
Dr.ssa Angela Nuccarini Specialista in Nutrizione
[i][i] Christensen L.; The effect of the food intake on mood; Clinical Nutririon 20; 2001
[ii] Young S.; How to increases serotonin in the human brain without drugs; Journal of Psichiatry and Neuroscience; 2007
[iii] Mc Namara R.K.; Evaluation of DHA deficiency as a preventivable risk factor for recurrent affective disorders: current status, future directions and dietary recommendations; Prostaglandines, leukotrienes and essential fatti acid; 2009