Se chiedessimo ad una persona affetta da dermatite atopica di riassumere con una parola quello che prova, probabilmente ci risponderebbe “prurito!” con gli occhi strabuzzati.
Ebbene sì, la dermatite atopica è proprio questo: chiazze rosse, desquamate ed estremamente pruriginose. Un disturbo cutaneo abbastanza diffuso, con un’incidenza del 15-20% nei bambini e dell’1-3% negli adulti.
Se in passato tutte le dermatiti atopiche erano considerate una stessa entità, oggi sappiamo che ne esistono due tipologie:
- la forma estrinseca, di origine allergica, che si caratterizza per una maggiore alterazione della barriera cutanea e, in genere, comporta manifestazioni cliniche più importanti;
- la forma intrinseca, che non ha origine allergica e si associa ad una permeabilità cutanea e a sintomi meno gravi;
mentre la forma estrinseca riguarda maggiormente i bambini, quella intrinseca ha un esordio tardivo e colpisce spesso le giovani donne in pubertà.
La terapia classica prevede l’impiego di antistaminici, in quanto l’istamina è la molecola responsabile del sintomo tipico, il prurito appunto. Tuttavia, mentre in passato si tendeva a concentrarsi solo sugli episodi acuti, oggi sappiamo che è importante pensare alla cura della pelle di chi soffre di dermatite atopica, anche in assenza di sintomi clinici. Come? La nutrizione potrebbe ricoprire un ruolo molto importante. Per la forma estrinseca basterebbe eliminare gli allergeni alimentari scatenanti; la forma intrinseca, invece, non avendo natura allergica, richiede attenzioni diverse. Sarebbe sensato pensare di limitare la produzione e l’accumulo di istamina all’interno dell’organismo e quindi di optare per un’alimentazione che sia funzionale a tale scopo. Se da un lato vi sono alimenti ricchi di istamina, come i prodotti fermentati, i salumi e le solanacee, dall’altro vi sono quelli che ne favoriscono la produzione endogena, come cioccolato e fragole. Pertanto, sarebbe bene affidarsi alle indicazioni di un esperto della nutrizione che saprà dare tutti i consigli specifici per le esigenze di ogni singolo.
La ricerca si è concentrata molto anche sugli adeguati livelli dei micronutrienti, tra i quali spicca la vitamina D; infatti, è stato visto che i soggetti con ipovitaminosi D hanno una maggiore probabilità di sviluppare dermatite atopica e che la gravità dei sintomi correla inversamente con i livelli di tale vitamina. Inoltre, sue adeguate concentrazioni sembrano essere protettive dallo Staphylococcus aureus, nei confronti del quale la pelle dei pazienti con dermatite atopica offrirebbe una casa molto accogliente, favorendone il potere patogeno. A tal proposito sono stati condotti diversi studi volti a trovare probiotici che potessero fornire un valido aiuto al microbiota.
Tutto ciò deve andare di pari passo con la cura della pelle, partendo da un’adeguata detersione fino ad arrivare alla scelta della qualità dei tessuti indossati.
La somma delle attenzioni quotidiane potrà portare al totale dei risultati che garantiranno l’allontanamento di quei fastidiosissimi sintomi invalidanti che solo chi soffre di problemi cutanei può comprendere.
BIBLIOGRAFIA
Avena-Woods C. (2017). Overview of atopic dermatitis. Am J Manag Care, 23, S115-S123
Franceschini F. et al. Utilità della determinazione delle IgE specifiche nel bambino con dermatite atopica. SIAIP
Gelmetti C. La dermatite atopica oggi. AIDECO
Baek J. H. et al. (2014). The link between serum vitamin D level, sensitization to food allergens, and the severity of atopic dermatitis in infancy. J Pediatr, 165, 849-854
Fleury O. M. et al. (2017). Clumping factor B promotes adherence of Staphylococcus aureus to corneocytes in atopic dermatitis. Infect Immun, 85, e00994-16
Li L. et al. (2019). Probiotic supplementation for prevention of atopic dermatitis in infants and children: a systematic review and meta-analysis. Am J Clin Dermatol, 20, 367-377