Le origini del caffè sono molto remote, non si conoscono con esattezza i periodi della scoperta, furono trovati, però, dei manoscritti risalenti al 900DC, in cui si ha prova dell’utilizzo del caffè nella medicina tradizionale dei tempi. Una leggenda narra che il vero scopritore del caffè fu un pastore etiope andato a pascolare con il suo gregge; Egli, osservando gli animali, notò, in loro, una inaspettatata vivacità dovuta, probabilmente, all’ingestione di caratteristiche bacche rosse, le bacche di caffè. Spinto dalla curiosità, il pastore, decise di assaggiarle, sperimentando, personalmente, lo straordinario effetto energetico che erano in grado di generare. A poco a poco l’usanza di utilizzare le bacche di caffè come cibo energetico si diffuse tra la gente del luogo, la quale imparò a produrne una bevanda che divenne poi di diffusione mondiale. Attualmente il Brasile è il primo esportatore e produttore mondiale della specie Robusta, la varietà meno pregiata, capace di offrire una bevanda dal gusto forte e corposo, con un maggiore quantitativo di caffeina. La Colombia, invece, è il secondo produttore mondiale della specie Arabica, la specie più pregiata che offre un prodotto finito intenso, regalandoci una bevanda corposa e ricca di aromi.
Oggi il caffè è tra le bevande più vendute, il 97% degli italiani consuma bevande a base di caffè anche più di una volta al giorno. Ma siamo veramente sicuri di conoscere ciò che giornalmente consumiamo?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il caffè come un “Non nutritive dietary component”, dunque non è considerato un alimento, sebbene contenga alcuni nutrienti. Il caffè verde, non tostato, contiene, infatti, alcuni sali minerali come calcio, magnesio, fosfati ed una notevole quantità di potassio, componente che si ritrova anche a fine preparazione della bevanda. Oltre al contenuto in minerali, si ritrovano anche lipidi, trigliceridi e acidi grassi liberi, composti che difficilmente si riscontrano nel prodotto finale. Sebbene il chicco di caffè vanti anche della presenza di proteine, amminoacidi e carboidrati, questi sono altri composti che tendono a svanire durante la tostatura. Altri componenti di notevole importanza sono gli alcaloidi purinici, il più abbondante dei quali è l’1,3,7-trimetilxantina comunemente chiamata caffeina, composto biologicamente attivo responsabile delle caratteristiche conferite alla bevanda.
La caffeina, oggi, è la sostanza psicoattiva più comunemente consumata, è un alcaloide non presente esclusivamente nei chicchi di caffè, esso infatti, si ritrova anche in chicchi di cacao, foglie di tè, bacche di guaranà, noci di cola, oltre che nelle bevande energetiche normalmente utilizzate dagli sportivi, tuttavia, nonostante il suo largo consumo, i suoi effetti sull’ uomo non devono essere trascurati. La caffeina, infatti, è in grado di stimolare il sistema nervoso centrale e, a dosi moderate, aumentare la lucidità mentale riducendo la sonnolenza. Se assunta oralmente, la caffeina viene assorbita rapidamente e completamente dall’organismo. Gli effetti stimolanti possono insorgere dopo 15-30 minuti dall’ingestione e permanere per alcune ore. Negli adulti l’emivita della caffeina, ovvero il tempo che l’organismo impiega per eliminare il 50% del composto, varia a seconda di fattori quali l’età, il peso corporeo, l’assunzione di farmaci, lo stato di salute del fegato o stati fisiologici particolari come la gravidanza. Negli adulti sani, in media, l’emivita è di circa quattro ore. Su adulti e bambini, a seguito di un esagerato consumo dell’alcaloide, si riscontrano, tra gli effetti nocivi a breve termine, disturbi del sistema nervoso centrale come sonno interrotto, ansia e variazioni del comportamento. A lungo termine, il consumo eccessivo di caffeina, è stato associato a problemi cardiovascolari e, in donne gravide, ad un ridotto sviluppo del feto. Dunque, per lunghi periodi il caffè è stato demonizzato e sconsigliato proprio a causa degli effetti nocivi che poteva apportarne il suo principale componente, oggi è sconsigliato soprattutto ai soggetti con problemi cardiaci, con disturbi del sonno, a chi soffre di ipertensione, in caso di ulcera peptica, dispepsia e gastriti. Tuttavia, grazie alle informazioni raccolte negli ultimi anni, è nato un nuovo modo di intendere il caffè che non corrisponde più alla credenza comune che lo considerava per lo più dannoso. Questo punto di vista è ulteriormente supportato dalla scoperta di una serie di fito-componenti con un profilo benefico. Si è scoperto che gli effetti dannosi del caffè sono, in realtà, dose-dipendenti, la dose sicura di caffeina è di 300 mg (quantità presente in circa tre tazzine di caffè espresso). Nelle donne in gravidanza un quantitativo di caffeina sino a 200 mg al giorno, consumato nel corso della giornata da qualsiasi fonte, non desta preoccupazioni per la salute del feto.
La caffeina, infatti non ha solo effetti nocivi per l’organismo, la sua azione sul sistema circolatorio provoca aritmie solo a dosi superiori dei 300 mg, in caso contrario, ha una azione cardiotonica. Se consumato con moderazione agisce anche sul sistema respiratorio, provocando una modesta azione bronco-dilatatoria con riduzione delle crisi d’asma. Inoltre contrasta e previene i danni ossidativi a carico delle membrane cellulari oltre ad avere molteplici ruoli sul sistema digerente, provocando, stimolazione della secrezione acida dello stomaco, della produzione di saliva, della bile, contrasta l’attività negativa dell’alcool e ha un ruolo epatoprotettore.
In un recente studio, condotto su 50 soggetti sani che consumano una dose giornaliera di caffeina pari a 250mg e di età compresa tra i 19 e i 25 anni, è stato scoperto che la caffeina aumenta le dimensioni della pupilla svolgendo un ruolo anche sull’attività visiva. Secondo altre recenti evidenze, invece, pare che esistano dei meccanismi molecolari dall’effetto anti-obesità in composti bioattivi di the e caffè; L’obesità è un grave problema di salute che coinvolge adulti e bambini nelle aree più sviluppate del mondo e l’effetto anti-obesità, in entrambe le bevande, è stato studiato per almeno dieci anni; I risultati hanno mostrato un diminuito accumulo di lipidi nelle cellule tramite la regolazione del ciclo cellulare durante l’adipogenesi, cambiamenti di fattori di trascrizione, diminuzione del peso corporeo e del grasso viscerale negli animali e negli uomini. Sebbene ci siano molteplici evidenze sull’influenza di questi composti sulla flora intestinale di animali e uomini obesi, il meccanismo anti-obesità di questi ultimi ha ancora bisogno di ulteriori chiarimenti, che possono aspirare alla scoperta di una nuova strategia per prevenire o trattare l’obesità.
Pare, inoltre, che il caffè abbia effetti benefici sulla muscolatura scheletrica, vanta, infatti, un rallentamento della progressione della sarcopenia (perdita di massa muscolare), promuove la rigenerazione del muscolo danneggiato, migliora l’autofagia, la sensibilità all’insulina e stimola l’assorbimento del glucosio. Tuttavia è necessario, per rivelare l’intera gamma di benefici sulla struttura del muscolo scheletrico e sulla sua funzione, effettuare una indagine molto più approfondita; Scelta necessaria perché in alcuni studi è emerso che la caffeina potrebbe aumentare la perdita di calcio attraverso le urine e, dunque, essere causa di osteoporosi. Successivamente è stato dimostrato, però, che si tratta di una perdita minima e, se il consumo di caffeina non supera i livelli consentiti, non grava sul livello di calcio o sulla densità ossea.
Studi epidemiologici hanno evidenziato un’associazione tra il consumo di caffè e una ridotta incidenza di una varietà di malattie croniche tra cui il Parkinson e l’Alzheimer. Pare infatti che un marginale componente nel caffè, non correlato alla caffeina, l’eicosanoyl-5-hydroxytryptamide (EHT), in un modello murino, fornisca una protezione per la malattia di Alzheimer. Durante l’esperimento, i ratti hanno ricevuto una supplementazione di EHT per 6-12 mesi e questo ha provocato in loro un sostanziale miglioramento di tutti quei difetti che sviluppano poi la patologia. Altri studi epidemiologici approfonditi indicano che i bevitori di caffè hanno notevolmente diminuito il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.
Per molti anni gli effetti fisiologici del caffè si sono concentrati sul suo contenuto di caffeina, ignorando tutti gli altri componenti bioattivi come polifenoli, melanoidine, carboidrati e diterpeni. Questi composti, secondo recenti evidenze, possono esercitare la loro protezione contro il cancro del colon-retto, uno dei più comuni e pericolosi in tutto il mondo. Diverse attività biologiche come quella antiossidante, antimicrobica, anticancerogena, anti-infiammatoria e anti-ipertensiva sono state attribuite alle melanoidine del caffè; Questi composti si producono durante il processo di tostatura, fase in cui alcuni componenti del chicco subiscono dei cambiamenti strutturali che portano poi alla loro formazione. Le melanoidine, in vitro, hanno dimostrato di avere una attività anti-carie e probiotica oltre che una attività antiossidante e chelante nel tratto gastro intestinale. Riducono, inoltre, la formazione di prodotti finali dell’ossidazione dei lipidi, composti pro-aterogeni prodotti durante la digestione della carne; Questa attività risulta presente anche in volontari umani in cui si è evidenziato anche un ruolo nella prevenzione dei tumori del tratto gastro-intestinale.
In conclusione, come si evince dal testo, le opinioni, riguardo alla bevande più consumata al mondo, sono cambiate nel corso degli anni e sono emersi, lentamente, nuovi aspetti e proprietà di cui se ne ignorava l’esistenza; Ulteriori studi sono necessari per far luce sugli aspetti ancora sconosciuti, ciò che risulta chiaro è che un consumo giornaliero moderato, in un soggetto sano, non risulta dannoso alla salute.
Dott.ssa Michela Zizza
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