Uno dei disturbi più comuni, con i quali mi trovo a contatto direi quasi quotidianamente, è legato alle articolazioni.
Dolore, gonfiore ed arrossamento articolare (ginocchio in primis, ma anche spalla, polso e caviglia), con manifestazioni dolorose spesso talmente intense da limitare il paziente nei suoi movimenti abituali.
Nella maggioranza dei casi questi pazienti sono affetti da sinovite periferica acuta, una infiammazione a carico della membrana sinoviale, il principale rivestimento della capsula articolare che ricopre le articolazioni mobili del nostro organismo.
La sinovite si presenta con eritema, dolore e gonfiore dell’articolazione; in genere si risolve entro 1-2 settimane, tuttavia frequenti attacchi possono portare ad artropatia cronica, malattie renali e disfunzioni cardiovascolari.
Ma quali possono essere le cause di questa patologia?
Tale processo infiammatorio può avere un’origine occasionale, legata ad un trauma o ad un sovraccarico funzionale, prolungato nel tempo, dell’articolazione in oggetto.
Ma la sinovite può essere anche la manifestazione tipica della gotta.
La gotta, è un disturbo reumatico con artrite infiammatoria cronica, causata da un eccessivo accumulo di acido urico nel sangue (iperuricemia).
L’acido urico è una sostanza normalmente presente nel nostro organismo, derivato dal metabolismo delle purine, coinvolte nella costituzione degli acidi nucleici e di diversi cofattori.
Livelli normali di acido urico risultano escreti attraverso le urine, ma quando la produzione o l’apporto con gli alimenti risulta eccessivo, e l’escrezione renale ridotta, l’acido urico si accumula nell’organismo sotto forma di cristalli di urato monosodico.
Questa condizione predispone alla gotta.
La malattia colpisce quasi cinquecentomila persone in Italia, ha una decisa preponderanza maschile, in quanto l’estrogeno esercita un effetto protettivo nelle donne in premenopausa (aumenta l’escrezione di acido urico nei tubuli renali), e solitamente si presenta tra i 30 e i 50 anni di età.
Le alternative terapeutiche per la gotta sono limitate e si concentrano principalmente sulla profilassi basata sulla terapia per la riduzione dell’urato, come gli inibitori della xantina ossidasi (allopurinolo, febuxostat). Spesso, però, l’aderenza alla terapia è scadente a causa della precipitazione di attacchi acuti durante il trattamento, il che evidenzia la necessità di individuare possibili alternative al trattamento della gotta.
Recenti studi hanno rivelato come la restrizione dell’assunzione di carboidrati, con la riduzione del consumo calorico totale, può essere una strategia promettente nella lotta alla gotta.
Ebbene sì, ancora una volta i carboidrati sono sul banco degli imputati, e anche stavolta non ne usciranno “puliti” da questa analisi scientifica !!!!
I nostri antenati, già in un lontano passato, ci avevano dato questa possibile chiave di lettura: storicamente la gotta era nota come “malattia dei re” o “malattia del ricco”, in quanto spesso esordisce dopo pasti abbondanti ed assunzione di carne e alcool.
Inoltre, non di rado, risulta associata ad altre condizioni patologiche come l’obesità, l’ipercolesterolemia e l’ipertrigliceridemia.
Ecco che quindi gli interventi nutrizionali che mirano a controllare e ridurre l’assunzione di carboidrati nella dieta, assumono grande rilevanza, ad oggi anche accertata dalla ricerca scientifica, nel far crollare il tasso di recidiva degli attacchi gottosi.
In particolare un recentissimo studio in corso di pubblicazione di Goldberg et al. ha valutato l’applicazione della dieta chetogenica per alleviare i sintomi della gotta.
La dieta chetogenica ha guadagnato reputazione negli anni ’90 come potente regime di perdita di peso e per il suo ruolo nella gestione del diabete, ed oggi può essere considerata una modalità di trattamento prospettica per la riacutizzazione della gotta acuta, senza compromettere lo stato immunitario dell’organismo.
Si tratta di un regime alimentare che riduce in modo drastico i carboidrati, aumentando le proteine e soprattutto i grassi, con lo scopo di costringere l’organismo a utilizzare i grassi come fonte di energia.
Ma in che modo questo rigido protocollo alimentare può avere un effetto benefico nella lotta, e prevenzione, della gotta?
Non è controproducente aumentare le proteine e i grassi???
La gotta è provocata dalla stimolazione cristallina MSU dei macrofagi che, attraverso il meccanismo dell’inflammasoma NLRP3, provoca il rilascio della citochina proinfiammatoria IL-1b, che guida il meccanismo infiammatorio acuto responsabile delle riacutizzazioni gottose.
La dieta chetogenica, che prevede l’esclusione di carboidrati (con un quantitativo medio giornaliero introdotto sotto i 30 g) aumenta i livelli di beta-idrossibutirrato nel corpo (corpi chetonici), che inibiscono l’inflammasoma NLRP3, bloccando la cascata citochinica e riducendo così la frequenza e la gravità di questi attacchi.
In conclusione la riduzione dei carboidrati dall’alimentazione può sicuramente essere una valida risorsa al controllo di questa condizione cosi impattante e debilitante.
Ovviamente è bene un opportuno controllo medico: rivolgetevi sempre a specialisti del settore che sapranno consigliarvi il protocollo alimentare più idoneo alle vostre esigenze e sapranno equilibrare l’apporto di macronutrienti nella dieta.
FONTI:
Mariam Baloch, Bushra Perveen, Kiran Shafiq Khan, Fauzia Imtiaz J Pak Med Assoc. 2020 Jun;70(6):1111. doi: 10.5455/JPMA.64633
Dott. Atanasio De Meo
Farmacista
Dottore in Scienze e Tecnologie del Fitness e dei Prodotti della Salute
Diploma di Master Nutrizione Clinica
Biointegra 3.0
nutrizioneebenessere.bio@gmail.com
tel. 392 4600170