Chi di voi non ha mai sentito parlare di infiammazione??? Ma sappiamo realmente cosa è e quando va combattuta?
L’infiammazione rappresenta una normale risposta del sistema immunitario ad un trauma fisico, agente microbico, prodotti chimici nocivi, causata da reazioni di ipersensibilità o da un processo neurogeno.
Si manifesta attraverso i classici cinque sintomi, quali rossore, dolore, calore, tumefazione e perdita di funzione, e si articola principalmente in 3 fasi:
- Vasodilatazione locale a aumento della permeabilità vascolare
- Infiltrazione di leucociti e fagociti nel tessuto interessato
- Degenerazione tissutale e fibrosi.
I principali mediatori dell’infiammazione sono le amine (istamina), i lipidi (prostaglandine, leucotrieni) e i mediatori proteici (interleuchina 1 e fattore di necrosi tumorale-α).
Le reazioni infiammatorie acute in condizioni fisiologiche si risolvono rapidamente, grazie al coinvolgimento di meccanismi di feedback negativo, quali secrezione di citochine antinfiammatorie, inibizione delle cascate di segnale pro-infiammatorie, espressione di recettori per i mediatori infiammatori e attivazione di cellule regolatorie.
Le risposte infiammatorie sono fondamentali per mantenere l’omeostasi corporea, difendere l’organismo dall’attacco di agenti patogeni, e in definitiva mantenerci in salute, ma uno stato d’infiammazione cronico, anche di basso grado, rappresenta un fattore patologico in un ampio range di condizioni croniche, quali la sindrome metabolica, la steatosi epatica non alcolica, il diabete mellito di tipo 2 e le patologie cardiovascolari.
In ambito cardiovascolare l’infiammazione ha un ruolo determinante nella patogenesi degli eventi aterotrombotici: lo stato infiammatorio prolungato nel tempo può portare all’insorgenza di una disfunzione endoteliale, meccanismo patogenetico alla base di aterosclerosi e patologie cardiovascolari.
L’infiammazione è correlata ad un amentato rischio di diabete mellito di tipo 2, oltre che di patologie cardiovascolari correlate all’obesità, in quanto l’ipertrofia del tessuto adiposo favorisce l’infiltrazione di macrofagi e linfociti T, con conseguente sviluppo di uno stato locale pro-infiammatorio che impedisce la cascata del segnale insulinico, inducendo insulino-resistenza.
Infine l’infiammazione cronica sembra essere strettamente coinvolta con l’insorgenza di alcune patologie neurodegenerative, tra cui morbo di Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla, tumori cerebrali e meningite. Elevati valori di TNF-α e IL-6 sono stati associati ad un aumentata frequenza di sintomi neuropsichiatrici in pazienti con malattia di Alzheimer, in particolare apatia, ansietà, depressione e agitazione.
Il ruolo emergente dell’infiammazione cronica nelle maggiori patologie degenerative ha stimolato la ricerca sull’individuazione di componenti nutrizionali e nutraceutici che riescano a prevenire e a contribuire al trattamento delle patologie infiammatorie croniche.
Tra queste sostanze conosciamo l’artiglio del diavolo (Harpagophytum procumbens) una pianta presente nel deserto, da sempre utilizzata per trattare l’infiammazione e le patologie degenerative del sistema scheletrico.
Ad oggi è stato riconosciuto dalla Farmacopea Europea per il trattamento dei reumatismi e dell’artrite, grazie alla presenza di alcuni glicosidi, quali l’arpagoside e l’arpagide, responsabili dell’attività antinfiammatoria.
La letteratura scientifica dimostra che un dosaggio di 50-100 mg/giorno di arpagoside è efficace nel trattamento dell’infiammazione acuta o subacuta, supportando l’uso per alleviare il dolore e migliorare la mobilità in una serie di patologie muscoloscheletriche. Inoltre è stato dimostrato un miglioramento della qualità della vita nel 60% dei pazienti con concomitante riduzione o sospensione della terapia farmacologica analgesica e una possibile riduzione della progressione dell’osteoartrite.
Anche la Bowsellia serrata ha dimostrato una attività antinfiammatoria verificata anche nella medicina tradizionale Ajurvedica per il trattamento delle patologie infiammatorie.
Uno studio clinico ha dimostrato come l’assunzione di 300mg di Boswellia serrata titolata in acidi cheto boswellici per 3 volte/giorno per sei settimane sia efficace nel trattamento della colite cronica: 18 pazienti (su 30 pazienti trattati) hanno raggiunto un miglioramento, mentre 14 di essi hanno raggiunto la remissione della patologia.
Mentre un dosaggio di 100 mg/giorno per 90 giorni, si è dimostrato efficace nel trattamento dell’artrite al ginocchio, determinando riduzione del dolore e miglioramento delle attività fisiche.
Un’altra moleocola molto utile nella modulazione dei processi infiammatori è la bromelina un estratto acquoso grezzo, ottenuto dal gambo e dal frutto dell’ananas (Ananas comosus), ricco di enzimi proteolitici. Il meccanismo anti-infiammatorio è mediato dall’aumento dell’attività fibrinolitica sierica, utile per il trattamento dell’infiammazione acuta, dell0osteoartrite, artrite reumatoide e traumatologie sportive.
Dosi di 400 mg/giorno titolato in 2500 gdu si sono rivelate efficaci nel miglioramento totale dei sintomi, della rigidità e delle funzioni fisiche.
La curcumina polifenolo derivato dalla pianta Curcuma longa è già diversi anni utilizzata come antinfiammatorio in quanto in grado di esplicare un’azione antinfiammatoria grazie all’inibizione del metabolismo dell’acido arachidonico, all’inibizione della COX-2, delle lipossigenasi, interleuchine, TNF-α e NF-kB.
In uno studio clinico un dosaggio di 80 mg/giorno di curcuminoidi, per un periodo superiore alle 4 settimane, ha favorito una riduzione significativa dei livelli di PCR plasmatica, determinando la piu’ alta percentuale di miglioramento sia nel DAS (Disease Activity Score) che nei criteri dell’American College of Reumathology per la riduzione dei punteggi di rigidità e gonfiore delle articolazioni rispetto al diclofenac (voltaren). Il trattamento è inoltre risultato sicuro e ben tollerato.
Un altro nutraceutico emergente è il succo di ciliegie (Prunus cerasus), importante fonte di antocianine dalle note proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.
Il succo di ciliegie ha mostrato un miglioramento della gonalgia e una riduzione dei valori di PCR con un dosaggio di 480 ml/giorno per 6 settimane. Inoltre è risultato efficace in ambito sportivo per sostenere la ripresa in seguito ad un intenso esercizio fisico, riducendo l’infiammazione e aiutando il recupero della funzione muscolare.
Infine gli acidi grassi omega 3, in particolare l’acido icosapentanoico (EPA) e docosaesanoico (DHA), esplicano un effetto positivo sull’infiammazione inibendo l’attivazione del NF-kB e il rilascio di IL-1β e TNF-α. Inoltre agiscono sui processi infiammatori sia con effetti sul peso corporeo e sul tessuto adiposo sia sulla composizione e funzione della membrana cellulare.
Un dosaggio tra 1,7-9,6 g / giorno per 3-4 mesi ha dimostrato di ridurre il dolore articolare in soggetti affetti da artrite reumatoide o con dismenorrea, ridurre la rigidità mattutina, il numero di articolazioni dolorose e l’utilizzo dei FANS (Farmaci antinfiammatori non-steroidei).
Quindi possiamo affermare che le armi a nostra disposizione per combattere l’infiammazione sia quella di basso grado latente che quella di tipo sistemica e patologica (come l’artrite reumatoide e l’osteroartrite) sono diverse, sicure ed efficaci.
Ovviamente è necessario affidare la scelta del nutraceutico più adatto ad un professionista della salute che abbia la capacità di individuare non solo la molecola più efficace, ma che sappia valutare la qualità del prodotto da utilizzare per evitare di non raggiungere il risultato desiderato.
Fonti:
Trattato italiano di nutraceutica clinica di Arrigo F. G. Cicero
Dott. Atanasio De Meo
Farmacista
Dottore in Scienze e Tecnologie del Fitness e dei Prodotti della Salute
Diploma di Master in Nutrizione Clinica
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