Laetoli. 3,6 milioni di anni fa. Nel cuore verde della Tanzania , il vulcano Sadiman erutta. Il terreno circostante viene ricoperto da uno strato di cenere alto circa 15 cm. Inizia a piovere. La pioggia inumidisce il velo di cenere creando una fanghiglia. Ed eccoli. Assieme ad altri animali ed uccelli, due o tre creature umane la calpestano. La fanghiglia si secca. Il vulcano erutta nuovamente ed altra cenere si estende sul territorio, coprendo e cementificando quelle prime impronte.
E’ il 1976 quando il team della paleontologa Mary Leaky riporta alla luce le tracce degli animali cementate nella cenere. Tuttavia, le impronte degli ominidi rimarranno ancora nascoste. Sarà infatti solo due anni dopo, nel 1978, quando Paul Abell entra a far parte del team, che verranno scoperte. Lunga quasi 27 metri, la “Footprints Tuff”, mantiene ancora intatte quelle tracce datate milioni di anni (Foto 1).
La scoperta fu sensazionale. Una vera e propria fotografia dal nostro passato. E molto di più. Da quelle orme infatti, si possono ricavare molti più indizi di quanto si crede. Biomeccanica, locomozione, evoluzione, struttura sociale degli individui nonché la loro morfologia sono tra le informazioni più importanti che possiamo ottenere.
Le impronte degli ominidi sono circa 70, tutte rivolte verso un unica meta e di tre individui diversi. L’individuo più piccolo camminava a fianco di quello più grande. Il terzo individuo invece, più indietro, camminava cercando di mettere i piedi sulle orme lasciate dal capofila.
I primi piedi più simili all’uomo che alle scimmie. Le impronte degli ominidi di Laetoli, non avevano infatti il pollice mobile tipico delle scimmie, seppur questo si discostasse notevolmente dalle altre dita rispetto al nostro. Questo elemento indica che la vita sugli alberi non era ancora un lontano ricordo, ma bensì fonte di nutrimento e di rifugio. Tuttavia, vista anche l’assenza di impronte di nocche o mani, erano senza dubbio bipedi. La biomeccanica ha poi permesso di ricostruirne l’andatura. Per effettuare il passo, ponevano dapprima il tallone e successivamente, le dita dei piedi ne fornivano la spinta necessaria. La stretta distanza tra le impronte indicano inoltre un altezza poco rilevante.
Ma chi erano? Da questa diapositiva su cenere e dalla sua datazione si è potuto risalire a tre individui della specie Australopithecus Afarensis.
Sicuramente, l’individuo più famoso di questa specie è Lucy. Femmina australopitecina vissuta circa 3 milioni e mezzo di anni fa in Etiopia. Il suo scheletro è stato parzialmente ricostruito con i resti ritrovati. Alta circa un metro e sui 30 kg, Lucy è il perfetto mix tra uomo e scimmia, o, meglio, un primate 2.0. Bipede, ma ancora capace di arrampicarsi sugli alberi come dimostrano anche la lunghezza degli arti superiori rispetto agli inferiori.
Non possiamo dire però se gli individui di Laetoli la rispecchino in tutto.
Nel 2015, sempre a Laetoli, sono state scoperte altre impronte portando ad una parziale rivalutazione del quadro fino ad oggi descritto.
Tra le orme di mammiferi ed uccelli, sono emerse infatti tracce di altri due individui australopitecini. Tali tracce sono da ricondursi alle precedenti sia come datazione che come direzione. Era dunque un gruppo di 5 individui.
Dalle impronte scoperte recentemente emergono inoltre tracce di un individuo di taglia maggiore rispetto al resto del gruppo. Alto circa 165 cm, rappresenta di fatto l’esemplare più grande trovato. Presumibilmente maschio. Simbolo di un dimorfismo sessuale ancora molto pronunciato. Il gruppo era dunque probabilmente composto da un maschio, due o tre femmine ed uno o due giovani. Una struttura sociale già ben definita e molto simile a quella dei gorilla.
Analizzando inoltre la sequenza delle impronte, è stato possibile ricostruirne il ritmo al computer. Il gruppo di Hominini si muoveva a circa 1 metro al secondo. Dunque, una camminata piuttosto tranquilla nella savana.
Sebbene molti punti siano controversi e molti altri siano da scoprire, le impronte di Laetoli rimangono tra i fossili più straordinari. Come uno scatto di quella lontana passeggiata preistorica. La prima Walk of Fame della storia.
Bibliografia
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