Per vitamina D si intende un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da cinque diverse vitamine: D1, D2, D3, D4 e D5.
Le due forme più importanti sono il colecalciferolo (vitamina D3) e l’ergocalciferolo (vitamina D2). La prima viene sintetizzata dall’organismo durante l’esposizione al sole: i raggi UV trasformano un derivato del colesterolo (il 7-deidrocolesterolo), presente a livello della pelle, in colecalciferolo. L’ergosterolo, invece, viene introdotto nell’organismo attraverso la dieta. Questi pro-ormoni devono essere modificati per poter svolgere la loro azione biologica. La conversione nella forma attiva, avviene attraverso un processo che passa dal fegato e si conclude a livello renale. Questa attivazione consente, alla vitamina D, di svolgere importanti funzioni fisiologiche all’interno dell’organismo:
- promuove l’assorbimento del calcio e del fosforo a livello intestinale;
- consente una corretta ossificazione, favorendo la precipitazione del calcio e del fosforo a livello osseo ;
- influisce sul buon funzionamento di nervi, muscoli e sistema immunitario
La principale fonte di vitamina D è l’esposizione al sole, ma in modeste quantità la si può ricavare anche dalla dieta. L’alimento che ne contiene di più è l’olio di fegato di merluzzo, seguono poi i pesci grassi e i prodotti alimentari derivati da animali esposti alla luce solare come carne, uova, latte,formaggi e burro, inoltre in piccole quantità è presente nei funghi.
La vitamina D, essendo liposolubile (ovvero solubile nei grassi), viene depositata all’interno dell’organismo, dunque l’integrazione giornaliera non risulta necessaria.
Studi recenti dimostrano come l’integrazione di vitamina D non previene il rischio di fratture o cadute e non ha effetti clinicamente significativi sulla densità minerale ossea. Dunque, secondo questi studi, non vi è alcuna giustificazione per utilizzare gli integratori di vitamina D per mantenere o migliorare la salute muscolo-scheletrica.(1)
L’integrazione, invece, risulta utile nei pazienti che hanno già avuto una frattura e in quelli che presentano una reale carenza di vitamina D, che può essere valutata con un semplice esame del sangue.
I soggetti a rischio di carenza sono:
- neonati allattati al seno, in quanto il latte materno è di norma poco ricco di vitamina D;
- anziani, in cui la pelle non è più in grado di sintetizzare efficacemente la vitamina endogena e spesso seguono una dieta insufficiente dal punto di vista nutrizionale;
- soggetti con pelle scura, che hanno una minore capacità di sintesi della vitamina;
- persone con celiachia, malattie del fegato, fibrosi cistica e morbo di Crohn, poiché in queste condizioni si riduce l’assorbimento di vitamina D;
- soggetti obesi, in cui si pensa che l’eccesso di grasso trattenga la vitamina D impedendone il passaggio nel sangue;
- soggetti che hanno subito un intervento di bypass gastrico;
- alcolisti, poiché l’alcolismo cronico diminuisce le riserve della vitamina nel fegato.
Inoltre, l’integrazione di vitamina D è utile nella prevenzione di condizioni rare come l’osteomalacia e il rachitismo, caratterizzate entrambe da insufficiente mineralizzazione ossea, causata principalmente dalla mancata esposizione solare, ma anche dall’ insufficiente apporto alimentare e dalla presenza di particolari patologie che determinano una riduzione di vitamina D.
Il rachitismo si verifica durante l’infanzia, quando la saldatura delle cartilagini epifisarie non è ancora avvenuta, mentre l’osteomalacia si manifesta nell’adulto. In entrambi i casi si può avere fragilità o deformità ossea, ipocalcemia, dolore e debolezza muscolare.
La carenza di vitamina D si può verificare, anche, nell’età post- menopausale, generando l’osteoporosi. Questa è caratterizzata da una diminuzione della massa ossea, causata soprattutto dal calo di estrogeni, che contribuisce ad una minore attivazione della vitamina D a livello renale, riducendo così l’assorbimento di calcio. Alcuni dati scientifici suggeriscono che, il largo uso di vitamina D per la prevenzione dell’osteoporosi, negli adulti che non presentano fattori di rischio di carenza vitaminica, sembra essere inappropriato.(2)
Quando necessaria, l’integrazione deve avvenire a determinate dosi e per un tempo prestabilito. Bisogna, infatti, ricordare che la vitamina D si accumula nell’organismo, quindi un’assunzione eccessiva, per un periodo prolungato, può provocare ipervitaminosi D (o intossicazione da vitamina D), che si manifesta clinicamente con una grave ipercalcemia (elevate quantità di calcio nel sangue).(3)
Dunque l’integrazione di vitamina D è utile solo in particolari condizioni e deve avvenire sotto controllo medico.
BIBLIOGRAFIA
- Bolland MJ, Grey A, Avenell A.
Effects of vitamin D supplementation on musculoskeletal health: a systematic review, meta-analysis, and trial sequential analysis.
Lancet Diabetes Endocrinol. 2018; 6(11):847-858. - Reid IR, Bolland MJ, Grey A.
Effects of vitamin D supplements on bone mineral density: a systematic review and meta-analysis.
Lancet. 2014; 383(9912):146-55 - Marcinowska-Suchowierska E, Kupisz-Urbańska M, Łukaszkiewicz J, Płudowski P, Jones G.
Vitamin D Toxicity-A Clinical Perspective.
Front Endocrinol (Lausanne). 2018; 9:550