L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da una progressiva perdita di tessuto osseo, con conseguente fragilità dello scheletro e predisposizione alle fratture. Esistono diversi tipi di osteoporosi, a seconda che si consideri il meccanismo patogenetico, l’età di insorgenza, l’associazione con altre patologie, i distretti scheletrici interessati etc. Una classificazione consiste nel distinguere le osteoporosi primitive da quelle secondarie, quest’ultime caratterizzate dal fatto che l’osteoporosi è conseguente ad un’altra condizione patologica. Le osteoporosi primitive si raggruppano in due principali sindromi cliniche:
- osteoporosi postmenopausale, con eziologia dipendente alla diminuzione dei livelli circolanti di estrogeni;
- osteoporosi senile collegata ai processi degenerativi dell’invecchiamento.
Come già menzionato, il declino degli estrogeni rappresenta l’evento patogenetico fondamentale dell’osteoporosi postmenopausale: gli ormoni sessuali sono importanti modulatori del metabolismo scheletrico, intervengono infatti nella regolazione della quantità di calcio presente nell’osso. Venendo meno il loro controllo, il calcio nell’osso si riduce, lasciando una struttura porosa e fragile. Nelle donne in postmenopausa, il tasso di turnover osseo aumenta drammaticamente e rimane elevato fino a 40 anni dopo la cessazione della funzione ovarica determinando una continua e progressiva perdita di massa ossea. In media, con l’avvento della menopausa la donna perde in 1-3 anni (e più velocemente se l’ipoestrogenismo è netto, come in caso di menopausa chirurgica) circa il 10 % della massa ossea. Le ossa più frequentemente interessate dal rischio di fratture sono le vertebre, il femore ed i polsi. Le fratture avvengono anche per traumi di lieve entità o a volte, come nel caso delle lesioni vertebrali, spontaneamente.
Oltre alla carenza di estrogeni, esistono altri fattori di rischio accertati in grado di causare o di aggravare l’osteoporosi tra cui:
- la sedentarietà,
- la magrezza eccessiva,
- il fumo di sigaretta,
- l’elevato consumo di alcool,
- un uso prolungato di determinati farmaci (es. corticosteroidi, anticoagulanti ecc).
In questo contesto, l’intervento nutrizionale deve essere considerato come uno strumento di prevenzione, infatti quando si manifesta tale patologia, è fondamentale anche seguire una dieta equilibrata che fornisca un adeguato apporto di calcio e di vitamina D, due nutrienti indispensabili per la salute delle ossa. Bisogna però ricordare che una corretta dietoterapia, che garantisca un adeguato apporto di calcio, deve essere seguita non solo nel periodo postmenopausale ma sin dalla nascita per ottimizzare il picco di massa ossea che si raggiunge entro la terza età. In altre parole, maggiore è la massa ossea ottenuta nella vita adulta, minore sarà il rischio di sviluppare osteoporosi dopo la menopausa. E’ quindi necessario rispettare i livelli di assunzione giornalieri raccomandati di calcio durante tutta la vita a seconda delle diverse esigenze nutrizionali e fisiologiche: 800-1000 mg/die nell’infanzia, 1200-1300 mg/die nell’adolescenza e intorno a 1000 mg/die nella maturità. Le necessità aumentano nel periodo postmenopausale: se la donna effettua una terapia ormonale sostitutiva, il fabbisogno si aggira intorno a 1000-1200 mg/die, sale a 1500 mg/die se non viene seguita una terapia ormonale sostitutiva.
Le principali fonti alimentari di calcio sono rappresentante dal latte e dai suoi derivati, dove si trova nella forma maggiormente biodisponibile. Anche il calcio presente nell’acqua rappresenta una discreta fonte di questo nutriente, se consideriamo che il suo consumo medio giornaliero è di un litro e mezzo. Buone quantità di calcio sono presenti anche nei legumi secchi, carciofi, cardi, indivia e spinaci. Tuttavia la presenza in tali alimenti di fitati e ossalati diminuisce l’assorbimento del calcio, a causa della formazione di complessi insolubili e scarsamente assorbibili.
Nella popolazione italiana l’introito medio giornaliero di calcio risulta mediamente insufficiente e ancora più significativa è l’incidenza di ipovitaminosi D, con conseguente riduzione dell’assorbimento intestinale del calcio. Pertanto, quando con la sola alimentazione non si riescono a soddisfare i fabbisogni di calcio (1500 mg/die) e vitamina D (10 mcg/die), durante la menopausa è necessario ricorrere a degli integratori,
Fonti
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